Sostegno e promozione, riconoscimento, legittimazione e valorizzazione. Sono gli obiettivi principali della nuova legge regionale per il Terzo settore e l’amministrazione condivisa presentata in Regione da Federico Amico, capogruppo di Emilia-Romagna Coraggiosa, dopo quasi due anni di ricerca, ascolto e confronto, e oltre cinquanta incontri da Piacenza a Rimini con associazioni, amministratori pubblici e diversi portatori di interesse.
«La riforma nazionale del Terzo settore del 2017 ha lasciato un vuoto – spiega il consigliere – che oggi vogliamo colmare offrendo un quadro certo di riferimento al mondo del no profit ma non solo. A partire dalla definizione di linee guida operative per l’amministrazione condivisa e di tutte le modalità con cui il Terzo settore si può raccordare con gli enti pubblici per integrare servizi e attività. La nuova legge vuole riconoscere, valorizzare e sostenere un mondo capace di attivare energie straordinarie, senza le quali la vita di tutta la comunità sarebbe molto più povera».
Significative le novità introdotte dal progetto di legge a prima firma Amico che giovedì approda in Commissione Sanità per nominare la relatrice Francesca Maletti. Su tutte, il Fondo per l’innovazione sociale, che secondo le previsioni potrebbe contare su una dotazione di un milione di euro, istituito con l’obiettivo di finanziare processi e progetti messi in campo dalle amministrazioni pubbliche insieme al Terzo settore secondo i principi e le pratiche dell’amministrazione condivisa. Una collaborazione paritaria tra “cittadini attivi” ed enti locali per rispondere più adeguatamente e in modo innovativo ai bisogni delle comunità, che consentirà per esempio di trasformare una biblioteca in un centro culturale per connettere persone, arti e saperi, di far evolvere i centri sociali in case di quartiere aperte a tutti, di progettare un nuovo playground insieme ai giovani che lo utilizzeranno, di co-progettare servizi di prossimità come doposcuola, attività per gli anziani o percorsi di agricoltura urbana.
In secondo luogo la nuova normativa istituisce il Consiglio regionale del Terzo settore – che sostituirà l’attuale Conferenza regionale del Terzo settore – partecipato anche da soggetti finora esclusi come i centri di servizio del volontariato, le fondazioni di origine bancaria, gli enti locali, l’Assemblea legislativa stessa. Il Consiglio sarà affiancato dall’Osservatorio del Terzo settore e dell’amministrazione condivisa, che condurrà analisi e approfondimenti sui soggetti iscritti al Registro unico nazionale e sui processi di amministrazione condivisa attivati nei territori. A compimento del raccordo tra Regione e Terzo settore, sarà istituita l’Assemblea annuale dove saranno condivisi dati e rapporti.
La nuova legge semplificherà la vita alle organizzazioni di Terzo settore, anche alle più piccole, chiarendo una volta per tutte gli aspetti burocratici e garantendo su tutto il territorio regionale gli stessi vantaggi in materia di urbanistica e concessione dei beni pubblici. Per esempio, le associazioni non saranno più obbligate a cambiare la destinazione d’uso degli spazi che utilizzano, così come saranno esonerate dal contributo di costruzione. Inoltre gli enti no profit saranno destinatari privilegiati per la concessione in comodato o a canone calmierato di beni mobili e immobili di proprietà pubblica. La legge infine stabilisce che dopo l’iscrizione al Registro unico del Terzo settore, la documentazione consegnata e aggiornata periodicamente non dovrà essere richiesta altre volte dagli enti pubblici, a partire dalla Regione.
«Al centro del lavoro legislativo della legge regionale – conclude Amico – abbiamo inserito il principio di sussidiarietà orizzontale che è scolpito nella Costituzione. Per realizzare l’amministrazione condivisa la Regione è chiamata a facilitare l’incontro tra gli enti pubblici del territorio e il Terzo settore. Poiché si tratta di una materia inedita e innovativa, la norma promuove strumenti di formazione congiunta tra enti di Terzo settore e pubblica amministrazione per definire procedure condivise, costruire un “linguaggio comune” e pratiche uniformi».